Una terra benedetta sulla lava, Andrea Matrone vigneron sul Vesuvio
Ci sono mani che trasformano una tela bianca in visioni poetiche, che raschiano i sentimenti profondi dell’anima, spatolate di luce che si alternano a distesi segni, capolavori animati da intensi tocchi cromatici.
Ci sono mani che toccano le corde vibranti di una chitarra e ne intonano un vecchio rhythm & blues, sprigionando emozioni sensazioni di viaggi lontani, su note cariche di potenza ed energia.
Ci sono mani che sfiorano la terra, e custodendo storia e tradizione, la trasformano con gesti sapienti e amorevoli in un presente intriso di conoscenza e nuove visioni prospettiche, tra carattere e identità.
Le sue mani.
Quelle di Andrea Matrone, enologo e vignaiolo delegato FIVI della Campania, artista e artigiano, un vero vigneron, un uomo che coltiva la sua vigna da cui nascono uve che lui stesso trasformerà in vino, in quei suoi vigneti alle pendici del Vesuvio in quel lembo di cielo da cui secondo antiche leggende, nacque proprio il Lacryma Christi, il vino più rappresentativo della zona Vesuviana.
Cantine Matrone è in quel di Boscotrecase. Una cantina in cui si respira ancora l’atmosfera delle antiche tradizioni di famiglia, dove il profumo del mosto e del tufo ti avvolge, tra antichi torchi, silos di acciaio e le botti di legno grande. Qui nascono i suoi vini di carattere e spiccata personalità, che rispecchiano divinamente l’anima vulcanica, quella terra nera e ardente, tra lava e lapilli, che regala acidità e sapidità ai vini, oltre che a note minerali, vini precisi e complessi.
Lacryma Christi Rosso: da uve Piedirosso (75%), Sciascinoso (15%) e Aglianico (10%) e Lacryma Christi Bianco: da uve Caprettone (80%), Falanghina (15%) e Greco (5%).
Da macerazioni brevi e con lieviti spontanei in maniera puramente artigianale e naturale, nascono vini equilibrati e da una promettente longevità. Un vino che non vuole quantità ma qualità, producendo infatti non più di 10mila bottiglie.
Andrea Matrone dopo lunghi studi, una laurea in Agraria e una specializzazione in Enologia – e un lungo periodo periodo all’estero, tra Australia, Nuova Zelanda, Napa Valley – decide di tornare e dedicare la sua arte e il suo amore a quegli ettari di terre, vecchie quanto tutto il Vesuvio. Recuperando le vigne del nonno, tornando agli antichi impianti ad alberello di piedirosso sulle pendici del vulcano. Ma fare vino sul Vesuvio significa anche prendersi cura del vulcano, credere in un terroir che, pur storicamente vocato alla viticoltura, combatte fortemente per una sua identità e spesso contro una inciviltà urbana che disturba un paradiso da proteggere.
Tra i vigneti della Cantina ci sono:
Vigna Borgo dei Monaci, situata ad una altitudine di circa 250 metri e Vigna Montagna sotto le pendici del Vesuvio a 300 metri, dove si nota ancora una forte e suggestiva presenza di colata di lava dell’eruzione del 1906, avvolti dai pini marittimi e dal fitto bosco del Parco Nazionale del Vesuvio in un paesaggio selvaggio e suggestivo che sembra riportati indietro nel tempo tra vigneti, sentieri, ponticelli e colate laviche che circondano un antico casale di famiglia.
Poi c’è Vigna Panoramica a circa 200 metri di altitudine, esposta a Sud. Dove per magia un cancello si apre e come in un quadro di William Turner dinanzi agli occhi si materializza uno scenario da levare il sospiro, il golfo di Napoli in tutta la sua celestiale bellezza, e l’isola di Capri ad un tocco di naso.
E qui di sicuro come vuole quell’ antica leggenda: “Dio, riconoscendo nel Golfo di Napoli un lembo di cielo strappato da Lucifero durante la caduta verso gl’inferi, pianse…”, un’emozione che colpisce l’anima.
John Ruskin avrebbe detto:
“Arte è quando la mano, la testa, e il cuore dell’uomo vanno insieme”
e di sicuro in lui, in Andrea Matrone, questa armoniosa sinergia, si sprigiona energicamente dalle sue mani, dalle quali nascono capolavori di purezza identitaria.
Vini da osservare come un quadro, da ascoltare come un blues, da degustare come nettare divino.
© Paola Polito
© Antonio Salamandra
andrea matrone è un vignaiolo italiano artigiano,è troppo sforzato e lavoratore che vuole recuperare i vecchi vitigni vesuviani o di questa zona vicina del vesuvio con cui hanno lavorati tutti i suoi antenati e il suo padre e nonno,il vitigno principale entre altri è l’albarello lo stesso che viene coltivato e vinificato da secoli tra le terre nere dell’etna e lo stesso lui ci stà facendo adesso alle stesse terre nere dell’antica masseria proprietà del suo nonno,un’impresa bellìssima e fortunata che già ci stà a produrre i preziosi frutti in questa terra benedetta come lui stesso andrea matrone ci stà abituatu ad dirci.!!!