il vino è arte..ispirazione e fonte di grandi capolavori
Il vino è arte, opera sapiente dell’uomo, che ad ogni genere di arte si lega e con ogni genere di arte si esalta.
Da sempre ispirazione e fonte di grandi capolavori.
Etichettare un vino non è certo cosa moderna. Contemporaneo però è vedere la superficie di una bottiglia di vetro come supporto artistico, che amplifica il valore del prodotto grazie al suo messaggio estetico.
Già gli antichi Egizi usavano apporre sulle anfore, dopo la loro sigillatura con fango e argilla, l’iscrizione che ne descriveva contenuto, provenienza, annata e nome del produttore.
Si deve però aspettare la fine del Seicento, con l’introduzione della bottiglia di vetro e del tappo in sughero e in seguito all’invenzione della litografia, per veder comparire prima una pergamena apposta al collo della bottiglia, introdotta dal monaco Pierre Pérignon, seguita poi nel 1840 da vere e proprie etichette illustrate applicate allo champagne della Maison de Venoge. In Italia, a fine Settecento in Piemonte e Sicilia compaiono le prime bottiglie contrassegnate da cartigli descrittivi del prodotto, con immagini araldiche e riproduzione dei riconoscimenti ottenuti.
Nel 1945 il Barone Philippe de Rothschild decide di celebrare la liberazione e di dedicare il suo vino all’Année de la Victorie, commissionando a Philippe Jullian un’immagine simbolica con la “V” della vittoria. Da quel momento il premiere cru affida ininterrottamente la propria veste grafica a pittori contemporanei. Tutti o quasi i “grandi” del Novecento metteranno la firma su quella label, da Picasso a Mirò, da Warhol a Chagalle a Dalì, fino ad arrivare, nel nuovo millennio, a Ilya Kabakov e Jeff Koons.. decretando così l’inizio di un
connubio imprescindibile tra arte e vino che durerà nei secoli.
La capacità dell’arte di mettere in relazione diversi piani sensoriali e di stimolare la percezione diventa quindi un valore aggiunto per i produttori.
Lettering, elementi grafici, vere e proprie opere di arte contemporanea realizzate da artisti o da designer di grande fama.
Le etichette del vino, esaurita la semplice ma obbligatoria funzione informativa, possono rappresentare un testo semiotico di grande interesse. Non è solo marketing e brand identity, perché l’etichetta può rafforzare enormemente l’identità di una cantina.
Si tratta anche di una precisa, più o meno consapevole, sinestesia tra i segni visuali e grafici e le componenti più sensuali della degustazione del vino.
“Sono piccole collezioni perché tutto sommato sono dei piccoli modesti pezzetti di carta, ma allo stesso tempo grandi, perché raffigurano celebri capolavori d’arte, che sempre più spesso abbelliscono le bottiglie di vino sulle nostre tavole”
La definizione è dell’Associazione Italiana Collezionisti Etichette Vini, definendo come anche in Italia siano “ormai numerose le Aziende Vinicole che utilizzano tali soggetti d’arte per le proprie etichette”.
Packaging e design sono parte fondamentale dell’offerta, le aziende lo sanno bene e ci investono. Ciò vale a maggior ragione per un prodotto destinato, in alcuni casi, a riposare per anni in cantina, a divenire una rarità o un oggetto da collezione. A moltiplicarsi, oltre alle sperimentazioni di studi specializzati nel design per il settore, sono le collaborazioni con artisti di grido, sulla scia di nobilissimi precedenti.
Il legame con l’arte diventa ancor più efficace quando non contano solo i messaggi immateriali da veicolare, ma anche l’attento studio del target e del mercato in cui il prodotto è venduto.
«Il vino italiano è destinato soprattutto all’export e arriva anche in Paesi, come la Cina, la cui cultura visiva è molto diversa dalla nostra. La globalizzazione induce alla semplificazione formale ma senza stravolgere la sua identità per facilitare la collocazione dei prodotti in tutto il mondo”.
Molte le aziende che in Italia nel tempo hanno scelto proprio opere di grandi artisti, spesso anche della propria Regione, come per esempio le Cantine Sociale di Lavis (Trento), di Menfi (Agrigento) e l’Azienda Agricola Lorenzon di Ponte Piave (Treviso), che hanno usato rispettivamente dipinti dei grandi pittori Segantini, Guttuso e Longhi.
Il rapporto tra cantine e artisti ha innumerevoli esempi emblematici in Italia, si pensi al produttore langarolo Vietti, che dagli anni Settanta fa realizzare da diversi autori, come Claudio Bonichi, Mino Maccari, Wayne Thiebaud, Jerry Uelsmann, delle etichette che descrivano le caratteristiche dell’annata.
Particolare invece il “Vino della pace” ideato dalla friulana Cantina Produttori Cormòns, un blend speciale frutto di 700 varietà di uve, provenienti da vitigni di ogni parte del mondo, la cui etichetta negli anni è stata opera di artisti come Enrico Baj, Arnaldo Pomodoro, Giacomo Manzù, Mimmo Rotella, Robert Rauschenberg, Fernando Botero, Piero Gilardi, Emilio Tadini.
Ancora più radicato il legame con l’arte della Tenuta di Nittardi, nel XVI secolo proprietà di Michelangelo Buonarroti: nel 1981 il gallerista tedesco Peter Femfert acquistò l’azienda e coinvolse numerosi artisti nella realizzazione delle etichette del suo Chianti Classico Docg. La collezione oggi conta più di 60 lavori di autori internazionali come Horst Janssen, Giuliano Ghelli, Mimmo Paladino, Günther Grass, Dario Fo, Friedensreich Hundertwasser, Joe Tilson, Karl Otto Götz e molti altri.
Di grande prestigio e bellezza la bottiglia di Pergole Torte, uno dei più eleganti, femminili e austeri Supertuscan – Sangiovese in purezza dell’azienda Montevertine – con i suoi affascinanti, essenziali e spigolosi volti di donna realizzati da Alberto Manfredi a partire dal 1982. L’etichetta nasce dall’amicizia tra l’industriale Sergio Manetti che acquistò nel 1967 la tenuta di Radda in Chianti e l’artista Alberto Manfredi pittore, illustratore e docente di tecnica dell’incisione. Da allora, ogni anno, Manfredi disegnò nuovi volti di donne, ritratte a mezzo busto, espressamente per Le Pergole Torte e dopo la sua scomparsa nel 2001, ancora oggi gli eredi di Manetti, in accordo con la famiglia del pittore, continuano a selezionare ogni anno un’opera d’archivio tra i vari disegni dell’artista.
La stessa corrispondenza tra vino e azienda, in questo caso ancor più tra vino e territorio, si ritrova attraverso le sinuose e sfuggenti figure femminili dei vini bianchi di Donnafugata da Anthìlia a Vigna di Gabri, con etichette che riescono a trasmettere l’emozione e il calore della terra siciliana.
La giusta visione è credere che la nascita di un vino abbia lo stesso processo creativo di un’opera d’arte. Come ne ha fatto suo credo filosofico fin dall’inizio l’azienda Feudi di San Gregorio, marchio simbolo del rinascimento enologico del meridione d’Italia, che negli anni, si è avvalsa di collaborazioni con grandi nomi del mondo del design, dell’architettura, dell’arte e della fotografia. Dal genio di Massimo Vignelli, da cui sono nate dal 2001 in poi, tutte le rivoluzionarie etichette di Feudi al duo Simeone Crispino e Stella Scala, meglio conosciuti come Vedovamazzei, fino al grande maestro della fotografia Mimmo Jodice.
Solo quando il matrimonio è d’amore sincero, l’etichetta può parlare e raccontare di quel vino, del suo produttore, del suo territorio. Altrimenti resta solo un pezzetto di carta bianca.
..Perchè il vino come l’arte è trascendenza, sentimento, immaginazione, poesia.
Interessantissimo e da leggere tutto d’un fiato!
Grazie per questo articolo che condivido pienamente!
Laura